Lasciate la ragione e libera l'anima
non ci sia spazio per la paura, né tempo per esitare,
che il coraggio tracci la rotta e la fede indichi la meta
noi siamo gli uomini che impararono a Volare.
Io sono il Coraggio
I am the master of my Fate: I am the captain of my Soul. (William Enest Henley - INVICTUS - 1875)
martedì 9 luglio 2013
lunedì 8 luglio 2013
Io sono il Coraggio
"Non parli di coraggio, non tutti capiranno".
La luce del giorno che volgeva al termine tingeva di rosso le acque piatte del lago; altri tempi avevano visto quei riflessi, giorni, numeri su calendari da tempo ingialliti, insignificanti ai piú e persi in anni lontani, dimenticati.
Vi era un tempo nel quale gli uomini erano cosí semplici nei loro valori da farsi bastare il companatico di dignitá e onore ed erano cosí pazzi ed avidi di coraggio da essere disposti di pagarne il prezzo con la vita.
"Per capire, prima devono conoscere".
Io sono il Coraggio
Io sono il Coraggio
"Cosa é il coraggio ?" gli chiese un mattino, dopo che per giorni nemmeno i loro sguardi si erano incrociati.
Alzó lo sguardo da certe carte che stava compilando e si appoggió allo schienale della sedia che scricchioló un poco come il coraggio di quel Tenentino che se ne era andato la settimana prima.
Rimase ad osservarlo.
Avrebbe voluto dirgli che il coraggio era guardare in alto nel cielo durante il volo ad abitacolo aperto in una fredda notte stellata ed accettare che il proprio sguardo stesse contemplando l'infinito, noi infinitesimo e fragilissimo puntino volante che diventa sempre piú piccolo man mano che la vastitá di quell'universo si percepisce. E pur capire, cogliere quella meravigliosa veritá che dimora nel nostro cuore che ci rassicura e ci dice che qualcosa in quella infinita maestositá, in un modo e motivo che forse mai comprenderemo, anche noi contiamo.
Avrebbe voluto aver racchiuso nella mano il coraggio che dimorava nel cuore dell'uomo che per primo scaló una montagna e mostrarglielo.
Ma non avrebbe capito, quel semplice ragazzo di vent'anni aveva bisogno di parole semplici.
Si alzó, aggiró la scrivania ed in due due passi gli fu davanti; gli appoggió una mano sulla spalla e sentí che tremava. Di rabbia, pensó.
"Il coraggio é fare parte di un insieme piú grande, é rinunziare a noi stessi per diventare parte di un gruppo".
Gli sguardi erano tornati a cercarsi ed a riconoscersi.
Il tremore stava diminuendo, la salda stretta del Colonnello Bernasconi era la roccia sulla quale la giovane aquila poteva sempre riposare.
"Il coraggio, caro Dal Molin, é sacrificio" il tremore cessó del tutto ma la spalla rimaneva salda sotto la stretta " ma é anche premio. Il sacrificio lo conosciamo, il premio lo scopriremo quando sará il momento".
Io sono il Coraggio
Alzó lo sguardo da certe carte che stava compilando e si appoggió allo schienale della sedia che scricchioló un poco come il coraggio di quel Tenentino che se ne era andato la settimana prima.
Rimase ad osservarlo.
Avrebbe voluto dirgli che il coraggio era guardare in alto nel cielo durante il volo ad abitacolo aperto in una fredda notte stellata ed accettare che il proprio sguardo stesse contemplando l'infinito, noi infinitesimo e fragilissimo puntino volante che diventa sempre piú piccolo man mano che la vastitá di quell'universo si percepisce. E pur capire, cogliere quella meravigliosa veritá che dimora nel nostro cuore che ci rassicura e ci dice che qualcosa in quella infinita maestositá, in un modo e motivo che forse mai comprenderemo, anche noi contiamo.
Avrebbe voluto aver racchiuso nella mano il coraggio che dimorava nel cuore dell'uomo che per primo scaló una montagna e mostrarglielo.
Ma non avrebbe capito, quel semplice ragazzo di vent'anni aveva bisogno di parole semplici.
Si alzó, aggiró la scrivania ed in due due passi gli fu davanti; gli appoggió una mano sulla spalla e sentí che tremava. Di rabbia, pensó.
"Il coraggio é fare parte di un insieme piú grande, é rinunziare a noi stessi per diventare parte di un gruppo".
Gli sguardi erano tornati a cercarsi ed a riconoscersi.
Il tremore stava diminuendo, la salda stretta del Colonnello Bernasconi era la roccia sulla quale la giovane aquila poteva sempre riposare.
"Il coraggio, caro Dal Molin, é sacrificio" il tremore cessó del tutto ma la spalla rimaneva salda sotto la stretta " ma é anche premio. Il sacrificio lo conosciamo, il premio lo scopriremo quando sará il momento".
Io sono il Coraggio
mercoledì 19 giugno 2013
19 GIUGNO 1918 - CADEVA FRANCESCO BARACCA
DISCORSO FUNEBRE
DI
GABRIELE D'ANNUNZIO
PRONUNCIATO A QUINTO DI TREVISO
IL 26 GIUGNO 1918
Al glorioso comune di Lugo accresciuto di tanta gloria devotamente offre Gabriele d D'Annunzio
" Absorpta est mors in victoria ."
Sul feretro di Francesco Baracca.
"Miei compagni! Aviatori! Alte parole furono dette. Il cordoglio ebbe la voce grave del Principe e dei
nostri Capi. Ma, come avete udito dalla fierezza del primo cittadino di Lugo e appreso dal coraggioso
lutto dei consanguinei, non vuol pianto né rimpianto questo celere uccisore e distruttore che fu tra i più
maschi generati dalla matrice ferrigna dove si stampa il meglio della gente di Romagna. Non vuol
essere piamente lacrimato ma vendicato potentemente.
Per noi era tutto un'ala di guerra, cuore e motore, tendini e tiranti, ossa e centine, sangue ed essenza,
animo e fuoco, tutto una volontà di battaglia, uomo e congegno. L'ala s'è rotta e arsa, il corpo s'è rotto e
arso. Ma chi oggi è più alato di lui? Ditemelo. Chi oggi è più alato e più alto di lui? Ditemelo.
Non era se non un punto nel cielo immenso, non era se non una vibrazione invisibile nell'azzurro
infinito. Ed ora è per noi tutto il cielo, è per noi tutto l'azzurro. Il suo spirito è un demone di vittoria. S'è
sprigionato dalla carne e dal legno, dalla tela e dalla pelle, dallo scheletro e dall'acciaio. La sua volontà
di vincere, che era d'uomo contro uomo, per infondersi in tutti gli uomini combattenti della sua razza, ha
preso a propagatrice la morte.
Cosí, incorporeo, nell'ora santa in cui le sorti erano per volgersi, egli volò su la fronte di tutte le nostre
armate, traversò l'intera battaglia, profondo come il brivido e splendido come la folgore.
Aveva vinto trentaquattro avversari; ed ecco vinceva gli eserciti! La sua gloria non era più un numero;
era un'ala innumerevole e unanime sopra l'Italia trionfante.
E c'è chi si rammarica che a lui, prima di cadere, sia mancata la gioia della grande novella? Era egli
stesso il messaggero della novella, ai vivi e ai morti. La sua bocca taceva piena di sangue nero, tra sassi e
sterpi? Ma il suo grido slargava la bocca di tutti i combattenti.
In ciascuno di noi egli ha combattuto con tutte le sue forze moltiplicate di là dell'umano. Per mirar
giusto, abbiamo avuto il suo occhio infallibile nel nostro occhio, il suo pugno fermo nel nostro pugno.
L'altra sera, la sera del solstizio che è per noi italiani una sorta di festa solare e segna questa volta il
culmine della luce di Roma, quando ci fu annunziata la trasfigurazione e l'ascensione di Francesco
Baracca il Vittorioso, là, in un campo litoraneo, mentre i nostri uomini caricavano di bombe i nostri
apparecchi, io dissi ai miei compagni che bene gli antichi nostri celebravano i funerali degli eroi con
giochi funebri. E, per celebrare l'eroe nostro col solo rito degno di lui, io li condussi a un funebre giuoco
di guerra. Ritornammo e partimmo di nuovo, e ancora ritornammo e ripartimmo, finché la notte non fu
consunta.
Egli era in noi, egli combatteva in noi, egli perseverava in noi, su quel fiume di nostra vita,
lampeggiante come una riviera celeste.
Oggi, domani, sempre, com'è con noi, sarà in noi, combatterà in noi, in noi resisterà, come dice la nostra
preghiera, "non fino all'ultima goccia del nostro sangue, ma fino all'ultimo granello della nostra cenere
."
O compagni, oggi per lui la nostra anima è colma di bellezza come il nostro cielo è pieno di presagi.
Perché da una fredda spoglia chiusa fra quattro tavole d'abete, piú stretta che fra gli ordegni della
fusoliera, sorge una potenza di creazione che supera ogni verbo? Nessun cantico di grazie, nessuna ode
trionfale, nessuna musica solenne eguaglia in sublimità tanto silenzio.
" Di morte in morte, di mèta in mèta, di vittoria in vittoria ". Cosí comincia il suo inno senza lira, così
principia il salmo di questo re.
Dinanzi a questo re immortale, per rispondere alla sua umana e sovrumana speranza, noi vogliamo
salutare, sia noto o sia ignoto, il giovine successore della sua regalità".
26 giugno 1918
DI
GABRIELE D'ANNUNZIO
PRONUNCIATO A QUINTO DI TREVISO
IL 26 GIUGNO 1918
Al glorioso comune di Lugo accresciuto di tanta gloria devotamente offre Gabriele d D'Annunzio
" Absorpta est mors in victoria ."
Sul feretro di Francesco Baracca.
"Miei compagni! Aviatori! Alte parole furono dette. Il cordoglio ebbe la voce grave del Principe e dei
nostri Capi. Ma, come avete udito dalla fierezza del primo cittadino di Lugo e appreso dal coraggioso
lutto dei consanguinei, non vuol pianto né rimpianto questo celere uccisore e distruttore che fu tra i più
maschi generati dalla matrice ferrigna dove si stampa il meglio della gente di Romagna. Non vuol
essere piamente lacrimato ma vendicato potentemente.
Per noi era tutto un'ala di guerra, cuore e motore, tendini e tiranti, ossa e centine, sangue ed essenza,
animo e fuoco, tutto una volontà di battaglia, uomo e congegno. L'ala s'è rotta e arsa, il corpo s'è rotto e
arso. Ma chi oggi è più alato di lui? Ditemelo. Chi oggi è più alato e più alto di lui? Ditemelo.
Non era se non un punto nel cielo immenso, non era se non una vibrazione invisibile nell'azzurro
infinito. Ed ora è per noi tutto il cielo, è per noi tutto l'azzurro. Il suo spirito è un demone di vittoria. S'è
sprigionato dalla carne e dal legno, dalla tela e dalla pelle, dallo scheletro e dall'acciaio. La sua volontà
di vincere, che era d'uomo contro uomo, per infondersi in tutti gli uomini combattenti della sua razza, ha
preso a propagatrice la morte.
Cosí, incorporeo, nell'ora santa in cui le sorti erano per volgersi, egli volò su la fronte di tutte le nostre
armate, traversò l'intera battaglia, profondo come il brivido e splendido come la folgore.
Aveva vinto trentaquattro avversari; ed ecco vinceva gli eserciti! La sua gloria non era più un numero;
era un'ala innumerevole e unanime sopra l'Italia trionfante.
E c'è chi si rammarica che a lui, prima di cadere, sia mancata la gioia della grande novella? Era egli
stesso il messaggero della novella, ai vivi e ai morti. La sua bocca taceva piena di sangue nero, tra sassi e
sterpi? Ma il suo grido slargava la bocca di tutti i combattenti.
In ciascuno di noi egli ha combattuto con tutte le sue forze moltiplicate di là dell'umano. Per mirar
giusto, abbiamo avuto il suo occhio infallibile nel nostro occhio, il suo pugno fermo nel nostro pugno.
L'altra sera, la sera del solstizio che è per noi italiani una sorta di festa solare e segna questa volta il
culmine della luce di Roma, quando ci fu annunziata la trasfigurazione e l'ascensione di Francesco
Baracca il Vittorioso, là, in un campo litoraneo, mentre i nostri uomini caricavano di bombe i nostri
apparecchi, io dissi ai miei compagni che bene gli antichi nostri celebravano i funerali degli eroi con
giochi funebri. E, per celebrare l'eroe nostro col solo rito degno di lui, io li condussi a un funebre giuoco
di guerra. Ritornammo e partimmo di nuovo, e ancora ritornammo e ripartimmo, finché la notte non fu
consunta.
Egli era in noi, egli combatteva in noi, egli perseverava in noi, su quel fiume di nostra vita,
lampeggiante come una riviera celeste.
Oggi, domani, sempre, com'è con noi, sarà in noi, combatterà in noi, in noi resisterà, come dice la nostra
preghiera, "non fino all'ultima goccia del nostro sangue, ma fino all'ultimo granello della nostra cenere
."
O compagni, oggi per lui la nostra anima è colma di bellezza come il nostro cielo è pieno di presagi.
Perché da una fredda spoglia chiusa fra quattro tavole d'abete, piú stretta che fra gli ordegni della
fusoliera, sorge una potenza di creazione che supera ogni verbo? Nessun cantico di grazie, nessuna ode
trionfale, nessuna musica solenne eguaglia in sublimità tanto silenzio.
" Di morte in morte, di mèta in mèta, di vittoria in vittoria ". Cosí comincia il suo inno senza lira, così
principia il salmo di questo re.
Dinanzi a questo re immortale, per rispondere alla sua umana e sovrumana speranza, noi vogliamo
salutare, sia noto o sia ignoto, il giovine successore della sua regalità".
26 giugno 1918
venerdì 14 giugno 2013
CACCIATORI DI STELLE
Stanchezza, sconforto, depressione e attacchi
di panico sono momenti che fanno parte della nostro modo di essere:
siamo persone in carne ossa e cervello pensante, spesso e volentieri
queste due realtà sono in contraddizione tra loro.
Bisogna accettare e vivere i momenti duri sapendo che è proprio durante questi periodi di apparente arrendevolezza che ci stiamo ricaricando. Il nostro fisico contrasta l’azione del freddo rabbrividendo e con l’innalzamento della temperatura combatte i virus; rifiutando sapori ed odori cattivi ci mette in una condizione di malessere proprio per avvisarci del pericolo; mettendo la mano sul fuoco il nostro sistema nervoso ce la fa ritrarre immediatamente.
La mente funziona allo stesso modo: quando incontra delle difficoltà si blocca ed istintivamente tende a ritrarsi perché ha prima di tutto bisogno di mettersi in sicurezza e raccogliere le energie per affrontare con raziocinio ( non istintivamente ma con il ragionamento ) la difficoltà.
Come si dice: se ti scotti non è detto che il sistema migliore per agire sia insistere a spegnere il fuoco battendoci sopra la mano, si deve invece fare esperienza ed imparare ad aggirare l’ostacolo, anche perché magari quel fuoco ti fa più comodo acceso.
La mente fa lo stesso : incontra, si scontra analizza e reagisce.
Ciò che noi coscientemente e razionalmente dobbiamo imparare a fare è proteggere, mantenere viva e coltivare quella fiamma, il ricordo di quel momento di fede in noi stessi che ci ha visti decisi un giorno ad agire, ad iscriverci all’università, ad intraprendere un lavoro in proprio, a lanciarci in una avventura che pareva impossibile, come costruire il primo aeroplano per andare un giorno a caccia di stelle.
Le difficoltà nelle quali ci troviamo sono gli ostacoli da superare perché noi possiamo raggiungere il sogno che quando abbiamo deciso di realizzare è di fatto diventato progetto; sapevamo che ci sarebbero stati momenti duri, accettarli ora e viverli con consapevolezza e serenità d’animo fa parte del percorso. Punto. Non esistono parole magiche, slogan o chissà quale mirabolante discorso da enunciare, basta mantenere ben viva una semplice, semplicissima consapevolezza:
La vita è nostra e va vissuta con passione.
Bisogna accettare e vivere i momenti duri sapendo che è proprio durante questi periodi di apparente arrendevolezza che ci stiamo ricaricando. Il nostro fisico contrasta l’azione del freddo rabbrividendo e con l’innalzamento della temperatura combatte i virus; rifiutando sapori ed odori cattivi ci mette in una condizione di malessere proprio per avvisarci del pericolo; mettendo la mano sul fuoco il nostro sistema nervoso ce la fa ritrarre immediatamente.
La mente funziona allo stesso modo: quando incontra delle difficoltà si blocca ed istintivamente tende a ritrarsi perché ha prima di tutto bisogno di mettersi in sicurezza e raccogliere le energie per affrontare con raziocinio ( non istintivamente ma con il ragionamento ) la difficoltà.
Come si dice: se ti scotti non è detto che il sistema migliore per agire sia insistere a spegnere il fuoco battendoci sopra la mano, si deve invece fare esperienza ed imparare ad aggirare l’ostacolo, anche perché magari quel fuoco ti fa più comodo acceso.
La mente fa lo stesso : incontra, si scontra analizza e reagisce.
Ciò che noi coscientemente e razionalmente dobbiamo imparare a fare è proteggere, mantenere viva e coltivare quella fiamma, il ricordo di quel momento di fede in noi stessi che ci ha visti decisi un giorno ad agire, ad iscriverci all’università, ad intraprendere un lavoro in proprio, a lanciarci in una avventura che pareva impossibile, come costruire il primo aeroplano per andare un giorno a caccia di stelle.
Le difficoltà nelle quali ci troviamo sono gli ostacoli da superare perché noi possiamo raggiungere il sogno che quando abbiamo deciso di realizzare è di fatto diventato progetto; sapevamo che ci sarebbero stati momenti duri, accettarli ora e viverli con consapevolezza e serenità d’animo fa parte del percorso. Punto. Non esistono parole magiche, slogan o chissà quale mirabolante discorso da enunciare, basta mantenere ben viva una semplice, semplicissima consapevolezza:
La vita è nostra e va vissuta con passione.
giovedì 6 giugno 2013
IL MARCHIO CARABINIERI IN VENDITA - CHIEDIAMO LA GARANZIA DEL MADE IN ITALY
Prosegue il piazzamento sul mercato dei “marchi”
nazionali.
Dopo "Marina Militare", "Aeronautica Militare" ed "Esercito Italiano" tocca
ora ai nostri gloriosi "Carabinieri".
In linea di principio condivido in pieno la volontà di
Difesa Spa di tutelare l’immagine e la proprietà dei suddetti marchi ( li
chiamo “marchi” per parlare la stessa lingua che si sta utilizzando in questo
caso anche se trovo oltraggioso definire “marchi” le nostre Forze Armate).
Con la scusa di citare ed onorare un determinato stormo
della nostra Aviazione, un Reparto dell'Esercito, un personaggio storico della
nostra Marina o dell'Arma, in tanti, troppi, hanno speculato e si sono riempiti
le tasche sulla pelle dei nostri soldati; ad evitare quindi dette speculazioni è assolutamente corretto richiedere prima di tutto
di passare attraverso una verifica ed una successiva autorizzazione per poter realizzare
un qualsivoglia prodotto e assolutamente giusto esigere che venga corrisposta una parte del guadagno
come diritto d'autore a chi è depositario della nostra Cultura Storica, in
questo caso lo Stato Italiano.
Nel bando di concorso - ottimamente articolato in 21 pagine -
si elenca una serie di caratteristiche che l’azienda richiedente deve possedere
per poter aver accesso alla acquisizione e successivo sfruttamento del marchio;
tra le altre cose spiccano per la loro
precisione il fatto che bisogna non essere nei guai dal punto di vista legale (
direi corretto ), che bisogna osservare le regole che prevengono il lavoro
sommerso ( correttissimo ), che il prodotto deve essere di elevata qualità ( corretto,
ma su che parametri ? Non si parla di fascia prezzi ) e che bisogna avere una montagna di soldi per
poter accedere alla gara( direi meno corretto e vorrei dire spesso e volentieri
in contraddizione con i due primi punti ): insomma, per poter accedere al diritto di realizzare la maglia dei
“Carabinieri” bisogna essere onesti ed avere
un giro d’affari che consenta di garantire un versamento minimo di diritti d’autore,
quantificato in una cifra che io personalmente definisco, oltre che davvero
elevata, anche un tantinino al di sopra delle reali possibilità del marchio.
Plaudendo cum gaudio
quindi alla volontà di difesa Spa di avere a che fare con Aziende sane ed
eticamente corrette e manifestando d’altra parte il mio dispiacere per una
selezione poco democratica che favorisce chi ha i soldi, tagliando fuori di
fatto ( ma… e l’anti trust contro l’esclusiva ? ) chi ha la passione e magari la
cultura ed il talento per esprimere un buon prodotto, mi permetto di segnalare con
una certa urgenza una carenza estremamente pericolosa del bando, una assenza che rischia
di aprire le porte ad una incisiva compromissione della qualità del prodotto
recante il marchio concesso in usufrutto, ma anche di che nuocere gravissimamente
all’immagine dell’Arma da esso rappresentato:
insomma, dove diavolo è finito l’obbligo
che il prodotto sia “Made in Italy” ?
Il bando, oltre che essere aperto anche ad aziende estere, non fa menzione all’obbligo del Made in Italy; questo significa che se supportata da soldi e
garanzie ( ? ) una qualsiasi azienda, italiana o estera non fa differenza, potrebbe quindi essere posta nelle condizioni di diritto di produrre dove diavolo vuole e con
pieno diritto il marchio "Carabinieri".
E’ quindi davvero possibile – direi probabile
– il fatto che anche questo storico Nome, che l’Italia così gloriosamente rappresenta,
rischi di finire riprodotto in serie in qualche scantinato del Far East,
rendendo davvero plausibile l’eventualità che tra qualche anno gli stessi
Carabinieri si debbano confrontare, in una sorta di paradossale ed imbarazzante "conflitto di interessi" con un prodotto “originale”, legalmente prodotto
con diritto di sfruttamento del marchio acquisito - e retribuito con royalties -
ma realizzato da schiavi e contenente agenti tossici.
Subendo quindi il fatto che il nome di una nostra parte di Storia
venga mercificato, che il controllo di ciò finisca solo nelle mani di chi se lo
può permettere, chiediamo però, con l'educazione e la compostezza dovute al senso civico ma con la fermezza del diritto che come Cittadini e Patrioti ci riconosciamo, che venga inserito nel bando di concorso l' inderogabile clausola dell’obbligo che il prodotto realizzato a nome “Carabinieri” venga
realizzato da una Azienda Italiana, con sede nel nostro paese, e che
soprattutto la produzione venga realizzata qui, in Italia, così che oltre, perché
no, contribuire alla ripresa della nostra dissestata economia, questo business possa essere controllato e soggetto
alle nostre normative di legge, in termini di legalità, di rispetto della dignità
umana e di tutela della salute del lavoratore e dell’acquirente finale.
E’ un atto dovuto, soprattutto
nei confronti della dignità dell’Arma, primo custode del nostro tricolore, e di chi tutti i giorni mette in gioco la
propria vita proprio per garantire la legalità in questo paese, la nostra amata,
cara, Italia.
davide pizzolato
davide pizzolato
lunedì 3 giugno 2013
NOI SIAMO ITALIA
Essere Italia significa essere non solo Italiani.
Significa sentirsi parte ed anello di congiunzione di una Storia che è stata, che è e che continuerà dopo di noi.
Noi abbiamo una responsabilità: quella di essere degni e buoni custodi di questa fortuna che ci è stata consegnata .
Essere Italia significa rendersi conto di chi si è e di dove ci si trova.
Immaginate allora di essere nati in una famiglia che ha una lunghissima ed incredibile Storia alle spalle e che vive in una grande, bellissima casa disegnata dai migliori architetti e costruita dai più abili artigiani, utilizzando i materiali migliori. La villa è immersa nella natura più bella e tutto attorno ci sono colline che danno i migliori frutti, vicino ci sono montagne da scalare e davanti a voi il mare.
In questa magnifica Villa sono custodite statue, dipinti, codici e poemi, nei suoi saloni si suonano le opere migliori e si recitano versi immortali, nella biblioteca si aggirano studiosi che lavorano per mettere a punto le migliori cure, nel laboratorio i sarti più abili realizzano magnifici abiti mentre nelle cucine si preparano i cibi migliori; nelle cantine sono conservati i migliori vini e nelle rimesse sono custoditi e mantenuti in efficienza aeroplani magnifici e le auto più belle e potenti del mondo.
Sapete che tutto questo è vostro, che potete farne ciò che volete, perchè vi è stato donato e lasciato in custodia da chi via ha preceduto.
Ma ciò che è più importante è che voi non siete solamente dei custodi, non siete capitati lì per caso.
Ciò che davvero conta è che voi avete nel vostro essere, nel vostro sangue la capacità di realizzare tutto ciò.
Ora chiedetevi se voi avete il diritto di lasciare che tutto questo venga lasciato decadere e disperso, che tutto venga svenduto e dilapidato.
Io credo che se voi abitaste davvero in questa casa non permettereste tutto ciò.
Ma noi abitiamo realmente in questa casa, una casa incredibile, una magnifica Villa che si chiama Italia, noi lo siamo davvero, realmente custodi di immense ricchezze e realmente possiamo crearne di nuove, ben consapevoli che tutto ciò non sarà mai nostro ma che ci è stato lasciato come noi lo lasceremo e che essere custodi significa non rinchiudere queste ricchezza, non serrare le porte della nostra casa al mondo ma piuttosto aprirle per condividerne il valore.
Ricordiamocelo : ciò che è custodito nelle stanze di questa casa Italia non è nostro, il nostro compito è quello di custodirlo e trasmetterlo e di esprimerne di nuovo grazie alle capacità ed i valori che ci sono stati donati.
E’ questo il motivo. Per questo noi a Squadratlantica diciamo che “Siamo Italia”, che vogliamo che Italia sia la nostra casa nel mondo, che le sue porte siano aperte a tutti, nel rispetto di ciò che noi siamo e che abbiamo il dovere di preservare e trasmettere, così come altri paesi, altre case hanno le loro ricchezze da conservare, esprimere e condividere.
Noi pensiamo e produciamo le nostre cose in questa casa, semplicemente e con diritto attingendo da ciò che vi è custodito e che ci è stato donato dai nostri padri; in ringraziamento di tutto ciò il nostro contributo al mondo sarà quello di rinnovare e trasmettere i valori di questa nostra casa che si chiama Italia sapendo che infine, come disse chi ci ha preceduto, noi saremo per i nostri figli ciò che a loro avremo donato.
sabato 13 aprile 2013
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